L’ULTIMA SALITA DI GIUSTO GERVASUTTI
di Giuseppe Gagliardone
Partenza dal Rifugio Torino verso le ore 5,30. All’attacco dello spigolo centrale, ben definito, verso le ore 7.30. Attacchiamo alle 8.
Incontriamo subito due passaggi difficili (quattro chiodi per ogni passaggio); Gervasutti è in gran forma e li supera col suo solito stile brillantissimo che mantiene durante tutta la salita. E’ allegro ed ogni tanto canticchia. Superiamo piccoli salti coperti da ghiaietto, oltre i quali ci fermiamo a mangiare qualcosa. Ci riprendiamo, sempre salendo sul lato sinistro dello spigolo e giungiamo, alle ore 15.20, a poco meno di metà salita, superando alcuni tratti molto impegnativi.
Qui ci fermiamo a fare una piccola discussione, se proseguire o ritornare, dato che il tempo dà segni di evidente cambiamento: io sono per proseguire, perché mi pare che il tempo, pur peggiorando non precipiti in modo tale da ostacolarci la salita anche per domani; ma Gervasutti prudentemente riesce a convincermi, perché oltre al cambiamento di tempo, possibile, mi fa constatare che gli ultimi salti della cresta, che di qui vediamo bene, saranno molto più difficili di quanto finora salito, e se ci dovessimo trovare impegnati lassù con tempo brutto, sarebbe un cattivo affare.
Decidiamo senz’altro di scendere.
Scendiamo due lunghezze assicurati quindi, sopra ad uno strapiombo, Giusto prepara un anello di corda per la prima corda doppia. mentre io preparo le due corde. Appena la corda doppia è a posto, ci sleghiamo ed io scendo per primo velocemente, tutti i trenta metri, fermandomi su di un terrazzino. Mentre stò osservando sotto di me una serie di placche inclinate, Giusto mi raggiunge ed assieme cerchiamo di ritirare le corde. Ma purtroppo, dopo un paio di metri, queste non scorrono più. Perdiamo molto tempo nel tentativo di liberarle, ma non vi riusciamo, così a malincuore decidiamo di risalire. Lasciati i sacchi sul terrazzino, ci leghiamo nuovamente: Gervasutti al capo della grande, io al capodella piccola. Arrivato a metà delle placche che ci dividono dall’uscita dello strapiombo, Giusto pianta un chiodo e mi fa salire fin là per assicurarlo. Intanto ha ricuperato abbastanza corda da permettergli di uscire… Arrivato sopra lo strapiombo, mi dice la ragione per cui le corde non scorrevano: il nodo s’era incastrato in una fessura. Allora ritorno al pianerottolo, mentre lui dall’alto mi grida di legarmi in fretta e di tirar fuori tutti i chiodi che ho nel sacco per fare una serie di corde doppie in maniera da accelerare la discesa, ed evitare il bivacco. Mentre così chinato sul sacco stò mettendo fuori i chiodi, sento un tonfo ed un’esclamazione. Mi raddrizzo e vedo solo più lui, precipitare sulle placche inclinate alla mia sinistra, distanti tre o quattro metri. La corda piccola sfila ancora dall’alto nell’anello, ed è istintivo il gesto che faccio per afferrarla, cosa umanamente impossibile.
Sono forse le 17 o le 17,30!
Non mi è dato purtroppo di poter con certezza precisare le cause dell’incidente. Posso soltanto pensare che Giusto sia scivolato nel momento in cui stava cercando di togliere il moschettone dal chiodo d’uscita dello strapiombo e tentando di agguantare le corde, sia solo riuscito ad afferrarne una, sfilandole così col suo peso dall’anello. Oppure, altra supposizione, che egli sia scivolato mettendosi in corda doppia.
16 settembre 1946
Dal Corriere delle Alpi
Torino, 16 gennaio 1947
Quindicinale illustrato
Vita e sport in Montagna
Anno II n. 1
Giuseppe Gagliardone è stato compagno di Giusto Gervasutti nella prima ascensione del 1912 della parete Est delle Grandes Jorasses e nel tentativo di scalata del Mont Blanc du Tacul nel 1946.
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